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Il paradosso di Bitcoin: il caso della finanza tradizionale che ora vuole appropriarsi di un modello nato per rivoluzionarla


Da gennaio 2020  la base di investitori in bitcoin è raddoppiata

Milano, 12 maggio 2021 – Lo scorso 6 maggio il nuovo Presidente della Sec, Gary Gensler, già professore di Blockchain al MIT, ha sottolineato la necessità di nuove regole in relazione a due episodi di turbolenza sui mercati: la frenesia intorno a GameStop e la recente implosione dell’hedge Archegos Capital Management che ha fatto crollare i titoli di tutti i colossi bancari (https://www.wsj.com/articles/sec-studying-whether-new-rules-are-needed-for-apps-that-gamify-trading-chairman-says-11620239971?mod=searchresults_pos1&page=1).

Due episodi molto diversi ma che il regolatore ha deciso di equiparare per la sottostante dinamica che le accomuna.

Nel corso del 2020, secondo una ricerca di Bloomberg Intelligence (https://www.bloomberg.com/news/articles/2021-04-09/how-kitchen-table-trading-changed-the-face-of-markets) circa il 20% delle azioni scambiate sul mercato americano (valore doppio rispetto a 10 anni prima) è passato attraverso il trading del singolo investitore indipendente, per lo più su piattaforme private o OTC.

Da gennaio 2020 ad oggi la base di investitori in bitcoin è praticamente raddoppiata (https://bitinfocharts.com/comparison/bitcoin-activeaddresses.html#3y) grazie al concatenarsi di una serie di avvenimenti: operatori istituzionali che hanno preso posizione sulle cripto, l’halving di maggio 2020 e il proliferare di wallet, per acquistare e custodire la valuta, sempre più sicuri e semplici da usare.

La corrente indipendentista della finanza

Pandemia e isolamento, insieme ad una nuova, o accresciuta, capacità di risparmio per un’ampia fascia della popolazione hanno contribuito infatti alla creazione di un terreno fertile alla nascita di due fenomeni: l’ingresso nel mondo del trading di profili che finora non avevano avuto possibilità di investire e la nascita di una corrente “indipendentista” grazie al maggior tempo a disposizione per studiare, approfondire e dedicare tempo ai mercati e alle sue dinamiche.

Quello che è successo e sta continuando ad accadere ci ha ricordato che l’innovazione – anche quella finanziaria – è qualcosa che accade da sé, non chiede permesso e quasi sempre parte dalla base.

Da sempre le istituzioni solitamente prima demonizzano, poi la osservano e infine colgono il fenomeno quando è esploso e cammina sulle sue gambe.

E quando intervengono per regolamentarlo rischiano di distorcerlo cercando di imbrigliare iniziative nate per stare fuori dal sistema.

Bitcoin, Internet e la democratizzazione della finanza

Quando il bitcoin nacque, il 31 ottobre 2008 l’intento di Satoshi Nakamoto era chiaro: creare un sistema di pagamenti P2P che sostituisse l’elemento fiduciario di terza parte (Banche Centrali e istituzioni finanziarie) con la crittografia, ponendosi l’obiettivo di andare oltre sistema e istituzioni.

Lo scopo fondatore di Bitcoin era quello di democratizzare la creazione e la distribuzione della ricchezza, restituendo il potere di emettere denaro al popolo, permettendo l’accesso a un asset con un potenziale dirompente a chiunque avesse un pc.

Per lasciare una chiara notazione dell’intento dietro ciò che aveva appena creato, Satoshi incorporò nel blocco genesi di Bitcoin, il testo, “The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks.”

In questo senso, il bitcoin come strumento di investimento nasce democratico poiché consente a chiunque di prendere parte alla rete: producendo, ricevendo e inviando Bitcoin. La proliferazione di servizi e wallet degli ultimi anni ha inoltre abbattuto gli ostacoli tecnici iniziali permettendo ad una platea sempre più vasta ed eterogenea di operare con un semplice telefono mobile e di poterne acquistare anche poche centinaia di euro.

L’assetto democratico della valuta è evidente anche per l’assenza di un emittente, una proprietà e di alcuna istituzione terza che funga da garante: la sua politica monetaria è definita dal suo algoritmo che ha fissato a 21 milioni il numero massimo di pezzi producibili e le quantità assegnate per la risoluzione di ciascun nodo.

Proteggere l’investitore retail o gli equilibri esistenti ?

Oggi il market cap di Bitcoin ha raggiunto quasi i 900 miliardi di USD (https://coinmarketcap.com/it/)  per circa 1 miliardo di possessori (https://cryptonomist.ch/2021/04/26/michael-saylor-possessori-bitcoin) e società come JPMorgan, Fidelity, Square, Paypal e Visa  hanno preso posizione sulla valuta negli ultimi mesi.

In parallelo stiamo assistendo a una corsa dei regolatori a normare, regolare e tirare le fila di un fenomeno che è nato ed è cresciuto fuori dal sistema. Il già citato Gensler e il segretario del Tesoro USA, Janet Yellen, guardano con sospetto al bitcoin ma considerano l’idea di un “dollaro digitale” – emanazione della stessa Fed e basato sulla tecnologia blockchain – che potrà diventare realtà dopo aver regolamentato il sistema. Come? Non è ancora chiaro.

La proposta europea – la Market in Crypto Asset Regulation (MiCA) – sembra essere invece più una presa d’atto dell’esistenza di una asset class aggiuntiva da “incasellare” nella Direttiva sugli Intermediari Finanziari e nella Mifid già attivi nell’Unione per regolare lo scambio degli altri strumenti finanziari.

Viene spontaneo domandarsi se è davvero la volontà di proteggere l’investitore il motore o è anche, o piuttosto, un tema di equilibri e interessi che rischiano di essere scalfiti.

Bitcoin è passato dall’essere considerato un gioco per appassionati di tecnologia anti-sistema a venir ora guardato come primo vero strumento di messa in discussione dello status quo: in grado di spostare centri di potere e di dare al pubblico indistinto – che il regolatore vede sempre come il “consumatore da salvare” – la possibilità di partecipare alla grande rivoluzione della finanza. Magari riuscendo anche a trarne un guadagno.

Conio

Fondata nel 2015 da Christian Miccoli e Vincenzo Di Nicola, Conio ha creato il primo portafoglio Bitcoin italiano che permette a chiunque di avvicinarsi al mondo dei Bitcoin in modo semplice, attraverso un’App per smartphone. Inoltre, in qualità di fintech, Conio offre a istituzioni finanziarie, banche e assicurazioni soluzioni integrate per la gestione di asset digitali, dai wallet per la gestione delle cripto valute all’integrazione dei protocolli blockchain all’interno di carte e servizi di pagamento su smartphone. Conio ha sviluppato una tecnologia di custodia proprietaria adatta alle banche.

Grazie al profondo know-how nel campo delle cripto valute e alla solidità della sua tecnologia di custodia, l’azienda italo-americana ha già avviato partnership con Hype, Nexi Open Banking e Banca Generali.

 

Ufficio Stampa Conio

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